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Intervista a Michele Barbati

Fondata nel 2022 da Michele Barbati, italiano cresciuto a stretto contatto con l’arte, Barbati Gallery ha portato nella città lagunare un nuovo luogo di cultura, a disposizione dei cittadini, organizzando mostre durante tutto l’anno, mettendo in dialogo artisti contemporanei affermati e talenti emergenti provenienti da tutto il mondo. Ci siamo fatti raccontare da Michele Barbati qualche curiosità sulla sua galleria.

Ci racconti la storia di Barbati Gallery e perché hai scelto proprio Venezia?

La scelta di Venezia è legata alla mia storia personale: anche se non sono nato qui, ci ho vissuto fino ai quindici. Poi ho iniziato a viaggiare e mi sono fermato a Los Angeles a 22 anni. Lì ho vissuto e lavorato per circa dieci anni, collaborando con una galleria. Dopo questo lungo percorso ho deciso di aprire la mia prima galleria proprio a Los Angeles. Un anno dopo, nel 2022, ho inaugurato la sede veneziana di Barbati Gallery in occasione della Biennale d’Arte.

Perché il ritorno a Venezia, dopo tanto tempo all’estero?

Sentivo fosse arrivato il momento di rientrare in Italia. E poi ho visto un’opportunità. Venezia, nonostante le sue complessità, ha una qualità della vita che poche città possono offrire. Dal punto di vista artistico, è un luogo potentissimo. Per una città così piccola ha una densità culturale incredibile: oltre alla Biennale d’Arte e a quella di Architettura, ci sono istituzioni come la Fondazione Pinault, Prada, la nuova Berggruen Foundation, e tante altre realtà che attirano un pubblico internazionale interessato all’arte. Venezia è cresciuta molto negli ultimi dieci anni e credo che se porti cultura in città, attiri anche persone che vogliono viverla in modo diverso, più consapevole.

Molti la considerano una città difficile. È davvero così?

Sì, Venezia è una città estremamente complicata, ma anche semplice allo stesso tempo. A differenza di metropoli come New York, Londra o Milano, qui c’è un ritmo diverso, un respiro più rilassato. Non hai alternative: devi adattarti, rallentare. Questo ti permette di vivere le cose in modo più profondo. Quando le persone vengono in galleria qui a Venezia hanno più tempo, più apertura mentale. Anche per questo è un buon posto per lavorare nel mondo dell’arte.

Ti senti ancora legato a Venezia, anche dopo tutti i tuoi spostamenti?

Moltissimo. È il luogo dove ho passato più tempo nella mia vita. Venezia, purtroppo, viene spesso usata e poi dimenticata, soprattutto dal punto di vista culturale. Tanti arrivano, fanno qualcosa, e poi se ne vanno. Non si costruisce mai un vero ecosistema. Con Barbati Gallery volevo creare uno spazio “normale”, nel senso più virtuoso del termine: una galleria aperta tutto l’anno, che cambia mostra ogni due mesi, che ha una programmazione continua, come accade in qualsiasi altra città. Dare normalità a una città che normale non è, per me è molto importante.

La sede di Los Angeles è ancora attiva?

In questo momento è chiusa, ma riaprirà: abbiamo trovato un nuovo spazio e stiamo facendo dei lavori. Contiamo di inaugurare di nuovo a febbraio dell’anno prossimo.

Quindi continui a vivere tra le due città?

Sì, vivo a metà tra Venezia e Los Angeles, anche se viaggio molto per lavoro: ho clienti e artisti un po’ ovunque. Questa connessione personale tra le due città si riflette anche nella galleria.

Perché hai scelto proprio Campo Santo Stefano per la sede veneziana?

Mi ha colpito subito, sia il palazzo – con spazi ampi perfetti per una galleria – sia la zona. È centrale, di passaggio, ma mai “intasata”. A pochi minuti a piedi ci sono San Marco, Rialto, l’Accademia, Palazzo Grassi, le Gallerie dell’Accademia, la Guggenheim… È una posizione strategica ma vivibile.

Come è nata la tua passione per l’arte?

Mia madre è gallerista, con spazi a Milano, Londra, Parigi e in Asia. Quando ci siamo trasferiti a Venezia, aveva aperto la sua prima galleria proprio in casa nostra. È lì che è iniziato tutto. Io sono cresciuto letteralmente dentro una galleria. Poi, ovviamente, la mia passione si è sviluppata autonomamente nel tempo, ma le radici sono lì.

Che tipo di arte proponi in galleria?

Lavoriamo soprattutto con giovani artisti americani, anche se di recente abbiamo esposto anche un’artista italiana. Trattiamo pittura, scultura, fotografia – quasi tutti i medium, tranne il video che ancora non abbiamo esplorato. Ogni tanto collaboriamo con gallerie americane che stimiamo, curando mostre insieme.

Tre luoghi di Venezia che ami particolarmente?

Sicuramente le Gallerie dell’Accademia, un posto che per me è sempre stato speciale, fin da piccolo. Poi il Lido, dove ho passato tante le estati – ha qualcosa di unico, d’estate e anche d’inverno. Infine Sant’Erasmo: è l’isola che “nutre” Venezia, ha un ecosistema tutto suo, autentico e prezioso. Aggiungerei anche il canale della Giudecca visto dalle Zattere e, naturalmente, il Palazzo Ducale: un luogo incredibile che racconta tanto della città.

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